. Tutte, M. Su-questo-aspetto, . Berza, and V. Sur-le-voyage-en-france-du-pape-jean, «Revue historique du sud-est européen», vol.878, pp.68-86, 1941.

, Geschichtsschreibung und geistiges Leben im Mittelalter. Festschrift für Heinz Löwe für 65. Geburtstag, hrsg. von K. Hauck -H. Mordek, vol.878, pp.179-225, 1978.

W. Hartmann, Die Synoden der Karolingerzeit in Frankenreich und in Italien, pp.336-340, 1989.

C. Mgh and V. , , pp.76-148

R. Iohannis and V. , Il destinatario della lettera nella quale Giovanni VIII chiede di adempire il tenore dell'"accordo segreto" è stato a lungo identificato con Bosone, sul quale ved, vol.187, p.149

, Capitularia regum Francorum, vol.II, p.168

L. Di-saint-vaast, Hannover 1909 (MGH, Scriptores rer. Germ. in us. schol, Annales Xantenses et Annales Vedastini, p.43

F. Capitularia-regum, p. 99 rr. 38 s. = MGH, Concilia, vol.220, pp.24-42

, Annales Fuldenses, p.91

.. J. Sulla and . Fried, Boso von Vienne oder Ludwig der Stammler? Der Kaiserkandidat Johannes VIII, «Deutsches Archiv, vol.32, pp.193-208, 1976.

J. V. Arnold, , pp.100-109

, Registrum Iohannis VIII. papae, n. 163, p. 133: «Et ideo antea nullum absque nostro consensu regem debetis recipere, nam ipse, qui a nobis est ordinandus in imperium, a nobis primum atque potissimum debet esse vocatus atque electus

, rr. 19-2: «ut cum eo, qui de regibus Francorum Deo favente Italiam fuerit ingressus, p.163

, 136 s. delegato uno dei suoi conti a Roma, con promessa di aiuto: nessun Carolingio, scrisse Giovanni VIII, sarebbe mai stato glorificato dai papi quanto lui, se fosse venuto a Roma, perché in quel caso avrebbe -Deo favente e grazie, benintenso, al pontefice -assunto l'impero romano, guadagnandosi la soggezione di tutti i regna 65 . Chi decise della situazione, però, non fu il papa ma Carlomanno: da un lato sembrerebbe aver accontentato il papa affidandogli la cura provvisoria del regno, come ricorda lo stesso Giovanni in una lettera spedita al vescovo di Brescia in autunno 66 (la realtà di tale delega è stata messa in dubbio 67 -nelle sue pur numerose lettere, è l'unico, tardivo cenno fatto da Giovanni -ma l'affermazione la dice lunga sul

, Carlomanno rinunciò all'incarico trasmettendo il governo dell'Italia a Carlo il Grosso 68 . Poiché si era in un primo tempo impegnato presso entrambi i fratelli a dividere tra di loro il regnum Langobardorum 69 , Carlo, in compenso, non avanzò pretese sulla Baviera, nella quale Ludovico il Giovane aveva ormai un potere indiscusso. Pur essendo risolta l'incertezza politica, e con essa quella concorrenza tra i partiti che motivava l'antagonismo tra il papa e Ansperto, le condizioni per una riconciliazione non erano ancora raggiunte. Appena saputo come sarebbero andate le cose, Engelberga tentò una mediazione

G. Viii and . Della-chiesa-e-l, autorità del collegio vescovile per non cedere di un millimetro sulle sue esigenze: una sinodo aveva pronunciato la sanzione; un'altra sinodo, per la precisione quella programmata per ottobre, l'avrebbe ugualmente potuta annullare, tanto più che ad Ansperto, o chi per lui, era stato chiesto di venire per "dare soddisfazione" sulle passate mancanze 70 . Com'era prevvedibile, Ansperto non venne a Roma, né si fece rappresentare. Nel frattempo era anche andato oltre nella provocazione consacrando un nuovo vescovo suffraganeo a Vercelli, Giuseppe, allorché Carlomanno in persona aveva raccomandato a Giovanni VIII un suo candidato, Gosperto, che il papa si affrettò a consacrare. Il conflitto, ora, si era spostato sull'autorità del metropolita: la mossa di Ansperto, oltre a testimoniare che non si curava delle sanzioni del papa romano, mirava a dimostrare che i suffraganei di Milano dipendevano solo ed esclusivamente da Milano. La rivendicata autonomia di Ansperto non deve sorprendere, in quanto s'inserisce in una corrente di opinioni diffusissima negli ambienti metropolitani d'Occidente e della quale l'arcivescovo di Reims Incmaro (845-882) si era fatto il portavoce contro le "ingerenze" del potere romano. Sia Ansperto che Giuseppe furono deposti 71, vol.879

, Giovanni VIII informò il re delle decisioni della sinodo romana tenutasi due settimane prima, chiedendogli anche di proteggere Gosperto contro le pretese del vescovo imposto da Milano 73

E. Dümmler, Geschichte des ostfränkischen Reiches, III: Die letzten Karolinger. Konrad I, p.104, 1888.

, Erchanberti Breviarium regum Francorum continuatio monachi Augiensis, vol.II, p.329, 1829.

, Cfr. Annales Fuldenses, p. 93: «Carlmannus in divisione regni Langobardorum iuramentum suum irritum duxit

, Il suo primo diploma italiano, a quanto pare, fu destinato al monastero di S. Ambrogio di Milano 76 e, come Engelberga qualche mese prima, chiese al papa la riconciliazione con Ansperto. Giovanni si rifiutò naturalmente di cedere, sulla base degli stessi argomenti invocati con Engelberga: il primo passo toccava all'arcivescovo 77 . Quanto alla proposta di incontro a Pavia, oppose un ragionamento di mera forma. Aveva certo ricevuto l'invito per novembre, ma l'adventus di Carlo in Italia cambiava la situazione protocollare. Aspettava ora di essere ufficialmente informato della presenza del re nella penisola per poter dare seguito, e organizzare, una riunione nella quale si sarebbe discusso -riprendendo le formulazioni già usate in lettere precedenti -dell'"esaltazione" della sede apostolica e dell'"onore" di Carlo e del pontefice 78 . La lettera di Giovanni era un modello di arguzie diplomatiche, tutte destinate a ristabilire l'equilibrio: chiedendo al re di volergli fornire delle credenziali (honorificae litterae), il papa intendeva imporsi come l'arbitro, in ultima istanza, della legittimità dei pretendenti al potere, indipendentemente da qualsiasi decisione in merito alle questioni di successione prese all'interno della famiglia carolingia senza previa consultazione di Roma. Un compromesso generale fu finalmente trovato. L'incontro non si sarebbe tenuto né a Roma, né a Pavia ma a Ravenna, ovvero in terra sì pontificia ma sotto stretto controllo del regno. All'assemblea, riunitasi nei primi giorni di gennaio 880, si presentò Ansperto: il prelato fu reintegrato dietro una professio giurata davanti al papa 79 . Fu probabilmente anche in quella occasione che il vescovo Gosperto fu allontanato da Vercelli, dove Carlo piazzò l'alamanno Liutwardo, il suo fedelissimo arcicancelliere nonché consiliarius 80 . Tutti i grandi d'Italia elessero Carlo al trono e gli giurarono fedeltà 81 . L'unanimità dell'elezione era messa in risalto dal fatto che, per la prima volta dall'875, era presente il patriarca di Aquileia con i suoi suffraganei. Qualche settimana dopo, Ma sebbene Carlo abbia cercato di accontentare il papa nella vicenda vercellese 74 , si consacrò in primo ordine alla difesa di Ansperto, in una logica convergenza d'interessi: non conveniva certo al nuovo sovrano entrare in una relazione di dipendenza nei confronti di Roma

I. Karoli and . Diplomata,

, 234 rr. 11 s. Cfr. J. F. Böhmer, Regesta Imperii. I : Die Regesten des Kaiserreichs unter den Karolingern, Die Regesten des Regnum Italiae und der burgundischen Regna, a cura di H. Zielinski : 1 : Die Karolinger im Regnum Italiae, vol.3, p.601, 1991.

, Liutwardo compare come vescovo di Vercelli dall'inizio del mese di febbraio 880: Karoli III. Diplomata, n

.. F. Sul and . Savio, Gli antichi vescovi d'Italia dalle origini al 1300 descritti per regioni, Zur Struktur der Königsherrschaft im karolingischen und nachkarolingischen Italien. Der consiliarius regis in den italienischen Königsdiplomen des 9. und 10. Jahrhunderts, in «Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, pp.158-160, 1898.

G. Bührer-thierry, Les évêques de Bavière et d'Alémanie dans l'entourage des derniers rois carolingiens en Germanie (876-911), in «Francia. Forschungen zur westeuropäischen Geschichte», vol.16, pp.31-52, 1989.

S. Maclean, Kingship and Politics in the Late Ninth Century. Charles the Fat and the end of the Carolingian Empire, 2003.

.. .. Erchanberti and . Continuatio, Poichè il monastero di Pothières, in quanto era stato donato a S. Pietro al momento della sua fondazione (858/859), godeva della tuitio romana dai tempi di Niccolò I (863), il papa intervenne immediatamente per chiedere la liberazione di "suoi" monaci 83 . Il caso era minimo, niente a che fare con quelli degli anni precedenti che mettevano in bilico la sorte del regno e dell'Impero nonché della gerarchia tra la Santa sede e le province. Ma il tono della missiva era eloquente. Senza andare fino alle minacce di sanzioni, com'era di rigore nei consueti scambi di lettere con Ansperto, Giovanni ricordava all'anziano prelato le vicende passate fino alla recente riconciliazione e, tenendosi sull'orlo dell'insulto, chiedeva al "buonuomo" di avere un minimo di buon senso. Dopo quell'episodio cessarono le manifestazioni di acrimonia. Le ultime lettere inviate dal papa verso Milano, tutte datate febbraio 881, testimoniano al contrario non solo del ritorno a buone relazioni, ma di quanto Giovanni avesse ora a cuore di prendere la difesa di Ansperto, dal momento che questi dimostrava di essere tornato in una giusta relazione gerarchica con Roma. Consultato dall'arcivescovo, che si era messo d'accordo con Carlo il Grosso, acconsentì alla consacrazione di Giuseppe, già candidato milanese alla sede di Vercelli, alla nomina vescovile su Asti (881-887). La questione poteva infatti rivelarsi potenzialmente foriera di ulteriori conflitti, in quanto il dibattito sul trasferimento da una sede a un'altra, vietato dalle regole canoniche, suscitava al momento delle furiose polemiche 84 . Fu il papa a enunciare la soluzione: dal momento che Giuseppe era stato retrocesso a un grado anteriore quando era stato deposto da Vercelli, non c'era motivo di ostacolare una sua ulteriore promozione 85 . Tra le righe, l'argomento era quello della decretale dello Pseudo-Antero, una delle decretali pseudo-isidoriane che ebbe discreta diffusione in Italia: "non cambia sede, colui che non lo fa di propria volontà, ma è cambiato dal consiglio e dall'elezione di altri" 86 . Anzi, Giovanni VIII si adoperò a far tornare la calma a Milano dove la "pace" concordata a Ravenna non era forse stata apprezzata da tutti, specialmente tra quei sostenitori del papa che si ritrovano costretti a dover fare i conti con l'autorità del metropolita ieri deposto, ora di nuovo in pieno possesso delle sue prerogative. Così va interpretata, forse, riguardava, aveva ampiamente dimostrato il suo desiderio di vedere il re salire alla dignità suprema, toccava a costui di mandare i propri rappresentanti a Roma per esaminare in quali termini dovessero essere confermati i pacta et privilegia della Chiesa romana 82 . Il papa, in sostanza, cercava un'ennesima volta di ristabilire la parità delle forze. Dopo tanti attriti, i rapporti tra Ansperto e Giovanni VIII si avviarono verso la normalizzazione, p.329

, Giovanni VIII aveva anche consacrato il monastero, insieme a quello di Vézelay, in occasione del viaggio in Francia nell'878: R.C.B. Huygens, Monumenta Cizeliciensia. Textes relatifs à l'histoire de l'abbaye de Vézelay, p.212, 1976.

, Sulla questione, che sarebbe stata al centro della lite formosiana, cfr. S. Scholz, Transmigration und Translation, Studien zum Bistumwechsel der Bischöfe von der Spätantike bis zum hohen Mittalalter, pp.158-170, 1992.

, Leipzig 1863, p. 152; sull'impatto della decretale negli ambienti italiani, cfr. C. Leyser, Episcopal office in the Italy of Liudprand of Cremona, c.890-c.970, «English Historical Review, pp.795-817, 2010.